Dopo la luna rossa: miti e verità sulla nascita dei Funghi

Dopo la luna rossa: miti e verità sulla nascita dei Funghi
Gioco d'immagini con l'eclissi totale di luna e un Boletus aereus in primo piano.
Nella notte del 7 settembre, il cielo ha messo in scena uno spettacolo tanto raro quanto suggestivo: un’eclissi totale di Luna. L’ombra della Terra ha gradualmente inghiottito il nostro satellite, che si è trasformato in un disco opaco, ramato, quasi marziano. È difficile restare indifferenti davanti a una simile metamorfosi del cielo: la luce cambia, il paesaggio si fa silenzioso, e persino il bosco, nell’immaginazione di chi lo frequenta, sembra trattenere il fiato. In certi casi, anche i pensieri si fanno più antichi: qualcuno, osservando la luna rossa, ha forse ricordato le parole del nonno, che diceva “la luna influenza la crescita dei funghi, ma quando c’è l’eclissi, ne nascono parecchi”. Una frase semplice, ma densa di storia e credenze. Ma quanto c’è di vero? E quanto, invece, si deve alla suggestione?

L’idea che i funghi possano “sentire” la luna è ben più radicata di quanto si pensi. Non si tratta di una diceria isolata, ma di una convinzione presente in diverse culture e contesti geografici, che ha attraversato i secoli trovando ascolto tanto nelle valli alpine quanto nelle colline dell’Appennino. Nelle campagne italiane, in particolare nel mondo mezzadrile e pastorale appenninico, si raccontava che le fasi lunari influenzassero la fruttificazione dei porcini e di altri funghi simbionti: la luna piena era considerata un segnale di risveglio, quasi un richiamo silenzioso che faceva emergere i primordi dal sottosuolo. Ma non vi era una visione unica: ogni territorio aveva la “sua” fase lunare prediletta, quella che, nella memoria collettiva, si associava più frequentemente a nascite abbondanti o a ritrovamenti eccezionali. In certe valli dell’Appennino ligure, ad esempio, si attendeva la luna crescente per iniziare le prime uscite: si riteneva, per analogia con le maree, che anche i funghi seguissero un moto ascendente, una sorta di impulso vitale che si accordava al progressivo aumento della luce notturna. In altri contesti, come nel basso Piemonte o in certe zone della Toscana, si dava invece maggior valore alla fase calante, quando le notti si facevano più buie e il sottobosco più umido, e si pensava che proprio quell’ombra diffusa e profonda fosse favorevole allo sviluppo dei porcini. Vi erano persino raccoglitori esperti che evitavano accuratamente di entrare nel bosco con la luna nuova, convinti che l’assenza di luce fosse un segno di sospensione vegetativa, un tempo in cui nulla ancora aveva deciso di affiorare; o ancora chi associava alle fasi lunari il fenomeno dei funghi "intaccati dalle larve".

Oracoli silenziosi

Queste narrazioni, spesso tramandate a voce tra generazioni, si fondavano su osservazioni empiriche non sempre sistematiche, ma nemmeno prive di fondamento apparente. In effetti, le fasi lunari coincidono con cadenze regolari nel tempo, e quindi è naturale che alcune buttate, soprattutto in certe annate fortunate, si siano sovrapposte a pleniluni o quarti crescenti, rafforzando così la convinzione che tra cielo e suolo vi fosse un nesso invisibile, ma attivo. I funghi, come la luna, appaiono e scompaiono, si manifestano all’improvviso, seguono cicli misteriosi e non sempre prevedibili. Ed è proprio questa somiglianza di comportamento, più che un reale legame causale, ad aver alimentato l'immaginario: la stessa imprevedibilità, la stessa apparizione improvvisa, lo stesso fascino che sfugge alla pianificazione. Un linguaggio comune, fatto di attese, apparizioni e sparizioni. Nel tempo, anche quando la scienza ha iniziato a misurare il suolo, il clima e l’ecologia dei miceli, queste credenze non sono scomparse. Si sono trasformate in intuizioni affettive, in modi simbolici di leggere la natura, dove la luna resta non tanto un agente attivo, quanto un segnale, un oracolo silenzioso, un volto del cielo che sembra in ascolto degli umori della terra. E forse, proprio per questo, l’idea che una luna rossa possa far “nascere” i funghi, anche se scientificamente infondata, continua a parlare al cuore di chi cammina nel bosco.

La luna in eclissi totale mentre "illumina" una foresta di cerro dell'Appennino Emiliano.

Cosa dice la scienza

Se ci spostiamo sul piano scientifico, è necessario ammettere che non esiste alcuna evidenza di un effetto diretto della luna, né piena, né calante, né storta, né eclissata, sulla crescita fungina. Le dinamiche che regolano la comparsa degli sporfori sono molto più concrete e meno romantiche: si tratta di processi ecologici complessi, che dipendono da parametri climatici ben definiti come la quantità e la qualità delle piogge, la profondità dell’umidità nel suolo, l’andamento delle temperature minime e la condizione fisiologica degli alberi simbionti, soprattutto nelle faggete e nelle abetine. La luna, pur nella sua potenza visiva e simbolica, non modifica il bilancio idrico del suolo, non incide sulle oscillazioni termiche né attiva processi metabolici nel micelio. Il micelio, semplicemente, non la guarda. Eppure, il mito continua a vivere, forse perché risponde a un’esigenza più profonda della verità scientifica: il bisogno umano di connettere ciò che è sopra con ciò che è sotto, di trovare un filo rosso tra il cielo e la terra. Una eclissi di luna non fa nascere i funghi, ma rende la notte diversa da tutte le altre. E quando, nei giorni successivi, si verifica una buttata. magari innescata da piogge precedenti o da un calo termico favorevole, la memoria associa i due eventi. È un’illusione selettiva, ma potente.

Boletus aereus, porcino nero; raccolta del 07 settembre 2025 sull'Appennino Tosco-Emiliano.

Come ogni mito efficace, non serve che sia vero: basta che sia coerente con il nostro modo di percepire il mondo. A rafforzare questa percezione contribuisce anche l’estetica del momento. I funghi, per chi li ama, sono apparizioni. Compiono un salto nell’esistenza visibile, dal nulla al tutto, in poche ore. E la luna, quando cambia volto, quando da piena si fa rossa, sembra suggerire lo stesso meccanismo. Non stupisce, dunque, che molti raccoglitori ricordino con precisione un’eclissi passata associata a un ritrovamento straordinario, una mattina di settembre, in un pianello rigoglioso o in una fungaia storica, quasi a conferma che anche la luna partecipa, in qualche modo, al ritmo del bosco. Ma la verità resta: non è la luna ad attivare la fruttificazione, bensì un insieme di condizioni ecologiche misurabili e ben più terrene. L’eclissi, da questo punto di vista, è un evento parallelo, che può accompagnare una nascita fungina così come può avvenire in una notte sterile. In questi giorni di inizio settembre, ad esempio, alcune zone d’Italia, specie nei settori collinari centro-settentrionali, nelle faggete del versante adriatico e in alcuni fondovalle alpini, presentano condizioni favorevoli per lo sviluppo dei Boletus, curiosamente in abbondanza Boletus aereus, grazie a piogge ben distribuite nella seconda metà di agosto e a una ventilazione asciutta ma non scaldante che ha contribuito a una buona escursione termica. In questi giorni, la coincidenza con l’eclissi totale rende tutto più scenografico, ma non è la causa.

Forse, però, non importa. Perché nel bosco -come nella vita- il valore di un evento non sta sempre nella sua spiegazione. A volte conta di più ciò che smuove dentro. E un porcino trovato all’alba, quando la luna rossa è ancora visibile all’orizzonte, ha un potere evocativo che nessuna tabella climatica può misurare. Non c’è relazione scientifica, ma c’è una verità poetica, emotiva, simbolica. Ed è per questo che, anche se sappiamo che i funghi non dipendono dalla luna, continuiamo a cercarli guardando ogni tanto anche in alto, come a cercare un segnale.

Perché il micelio non ha occhi. Ma noi sì.