Il fungo dell'olivo, Omphalotus olearius: fascino che avvelena

Il fungo dell'olivo, Omphalotus olearius: fascino che avvelena
Omphalotus olearius, il "fungo dell'olivo": una specie fungina tanto affascinante, quanto tossica.

Nel vasto e affascinante universo dei funghi, esistono specie che attirano per il loro profumo, altre per la forma curiosa, altre ancora per la loro storia gastronomica. Ma ce n’è una che, più di molte altre, riesce a ingannare l’occhio anche di chi è convinto di saper osservare: è il cosiddetto “fungo dell’olivo”, Omphalotus olearius. Col suo colore acceso e la forma seducente, appare a molti come una promessa culinaria. Eppure, rappresenta una delle principali cause di intossicazione fungina in Italia. Non si tratta di una specie rara, né di un fungo dall’aspetto minaccioso. Il motivo della sua pericolosità risiede nell'apparente somiglianza superficiale con funghi commestibili noti, del complesso di Cantharellus cibarius, il pregiato finferlo o gallinaccio. La tonalità arancio vivo, le lamelle decorrenti, l’habitat boschivo condiviso con essenze familiari come olivi, castagni e querce: tutto concorre a creare un’illusione ottica e mentale, soprattutto per chi si avvicina alla micologia affidandosi più alla memoria visiva che all’analisi strutturale. Eppure, le differenze tra le due specie sono profonde, radicali e non solo estetiche: appartengono a famiglie diverse, attuano scelte metaboliche distinte e, soprattutto, si comportano in modo opposto dal punto di vista tossicologico. Mentre il finferlo è un ottimo commestibile, Omphalotus olearius è responsabile di sindromi gastrointestinali violente, con sintomi acuti e debilitanti che richiedono spesso l’intervento del pronto soccorso. La sua pericolosità non risiede solo nella composizione chimica, ma nella fiducia mal riposta nei propri ricordi, nelle app di riconoscimento automatico, o nel passaparola privo di fondamento micologico. È la dimostrazione vivente che in natura, ciò che luccica non è sempre oro – e ciò che profuma di “commestibile” può rivelarsi tutt’altro.

Come è fatto il fungo dell'olivo?

Omphalotus olearius è un fungo lignicolo, che si sviluppa a gruppi cespitosi alla base di alberi o ceppaie di latifoglie, in particolare olivi, querce e castagni, spesso in ambienti caldi e collinari. Il cappello, dal margine talvolta ondulato, si presenta con colorazioni che variano dall’arancio vivo all’arancio-bruno, lucido e vischioso con l’umidità, mentre le lamelle sono strutturate, fitte e nettamente decorrenti, anch’esse di tonalità aranciate ma talvolta più pallide del cappello. Il gambo è cilindrico o ricurvo, fibroso, concolore o più scuro alla base, dove si ancora al legno in via di decomposizione; al tatto di fatto risulta molto compatto e dalla consistenza quasi legnosa. La tossicità di questa specie è ben documentata e classificata come sindrome gastrointestinale a breve latenza: l'ingestione comporta disturbi addominali, nausea, vomito, crampi e diarrea severa, con insorgenza dei sintomi generalmente compresa tra 30 minuti e 2 ore dopo il consumo. I principi attivi responsabili dell'effetto irritante sono latirine e sesquiterpeni bioattivi, che interferiscono con il tratto gastroenterico senza effetti sistemici prolungati, ma con un impatto debilitante importante. Sebbene raramente la sindrome evolva in complicazioni gravi, il recupero può richiedere ore o giorni, e spesso necessita di trattamento sintomatico ospedaliero.

Una ceppaia di cerro, con una splendida fruttificazione di Omphalotus olearius.

Le differenze con i finferli, Cantharellus cibarius s.l.

La distinzione tra Omphalotus olearius e i funghi del gruppo Cantharellus cibarius è, in linea generale, ben chiara a chi possieda una solida base di conoscenze micologiche. Le lamelle di Omphalotus sono vere strutture imeniali, sottili, fitte e nettamente decorrenti sul gambo, mentre quelle del finferlo corrispondono a pieghe anastomizzate delle carni del cappello, talvolta bifide o ramificate, che non possono essere considerate lamelle in senso stretto, ma piuttosto costolature irregolari prive di struttura laminare autonoma. L’habitat fornisce un ulteriore criterio distintivo di rilievo: Cantharellus cibarius è tipicamente terricolo, fruttifica su lettiera o suolo nudo, spesso in contesti acidi e ben drenati, come faggete, abetine o boschi misti; al contrario, Omphalotus olearius si sviluppa in relazione stretta con la presenza di legno morto o deperente, anche quando non immediatamente visibile, poiché in molti casi il substrato legnoso è interrato o parzialmente disgregato nel suolo. Ulteriori elementi diagnostici riguardano la morfologia generale: Omphalotus adulto tende ad assumere un portamento imbutiforme marcato, con margine spesso ondulato o ripiegato verso il basso, mentre C. cibarius mantiene in genere un aspetto più compatto e regolare, con margine lobato ma non involuto. Anche l’odore offre una chiave interpretativa importante: nettamente fruttato, quasi di albicocca, nei finferli ben sviluppati; debole, assente o comunque non caratteristico in Omphalotus. Infine, la consistenza del gambo costituisce un ulteriore elemento discriminante: elastico, pieno e tendenzialmente massiccio in Cantharellus; fibroso, coriaceo, talora tortile e lignificato alla base in Omphalotus, con frequente colorazione più scura nel punto di attacco al substrato.

Intossicazioni "ogni anno"

Il riconoscimento della pericolosità di Omphalotus olearius è noto da tempo nella micologia italiana, e numerosi casi di intossicazione vengono registrati annualmente da parte dei Centri Antiveleni e dai Servizi di Igiene Alimentare delle ASL. Il fungo è frequentemente incluso nelle campagne informative sul corretto riconoscimento delle specie tossiche, data la frequenza con cui può essere confuso da chi osserva solo la colorazione del cappello e la forma generale, senza tenere conto della struttura delle lamelle o del contesto ecologico. Va sottolineato che l’uso di tecnologie automatiche per il riconoscimento visivo dei funghi, come le applicazioni fotografiche per smartphone, non è in grado di garantire una distinzione minimamente affidabile tra specie morfologicamente simili, in particolare nel caso di esemplari giovani, danneggiati, o soggetti a variazioni cromatiche dovute a condizioni ambientali.

Un video competo dedicato al fungo dell'olivo, Omphalotus olearius.

Curiosità sulla specie

Tra gli aspetti più affascinanti di Omphalotus olearius vi è la sua bioluminescenza, un fenomeno poco noto al grande pubblico ma ben documentato in letteratura scientifica. In condizioni ambientali particolari , forte umidità, temperatura mite e completa oscurità, le lamelle di alcuni esemplari giovani possono emettere una debole luce verdognola, percepibile solo a occhio ben adattato al buio. Il fenomeno è dovuto all’attività di enzimi ossidativi, tra cui una luciferasi fungina, che agisce su specifici substrati organici presenti nei tessuti imeniali. Si tratta di un tratto condiviso con altre specie del genere Omphalotus, come O. illudens e O. nidiformis, e con numerosi funghi tropicali noti per l’effetto luminoso, come Mycena chlorophos. Il nome scientifico del genere (Omphalotus) richiama l’aspetto ombelicato o imbutiforme del cappello (“omphalos” in greco significa “ombelico”), mentre l’epiteto olearius ne sottolinea l’affinità con l’ambiente degli oliveti. In alcune zone del Mezzogiorno, non a caso, questa specie è stata chiamata in dialetto anche “gallinaccio dell’ulivo” alludendo alla sua colorazione vivace e alla crescita alla base di alberi produttivi. Tali nomi popolari hanno spesso contribuito alla confusione con Cantharellus cibarius, rafforzando erroneamente l’idea di una possibile commestibilità. Nei fatti, Omphalotus olearius rappresenta un caso emblematico di quanto la micologia richieda rigore, osservazione attenta e conoscenze ben fondate. La sua diffusione in ambienti familiari, la somiglianza visiva con specie eduli, e il fatto che spesso fruttifica in gruppi abbondanti, lo rendono particolarmente insidioso per chi si affida a criteri di riconoscimento superficiali.

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