Funghi e vipere: ciò che il bosco non mostra a tutti

Quando ci avventuriamo nei boschi o nelle aree montane alla ricerca di funghi, dovremmo ricordare che stiamo entrando in un ecosistema complesso, popolato da numerose altre forme di vita. Tra queste vi sono le vipere, rettili spesso temuti da escursionisti e cercatori, ma che rappresentano una componente preziosa e rara della fauna selvatica. Il loro comportamento schivo le porta a evitare il contatto con l’uomo, ma, se disturbate, possono reagire in modo difensivo. Conoscerle, rispettarle e adottare semplici accorgimenti non solo riduce i rischi per noi, ma contribuisce a preservare l’equilibrio di un ambiente che ci ospita solo temporaneamente.
Le vipere sono serpenti appartenenti alla famiglia Viperidae, diffusi in Italia con alcune specie come la vipera comune (Vipera aspis), la vipera dal corno (Vipera ammodytes) e la vipera dell’Orsini (Vipera ursinii), quest’ultima rara e protetta. Questi rettili si distinguono per i caratteristici denti veleniferi retrattili, lunghi e scanalati, situati nella parte anteriore del mascellare superiore. Tali denti, che si ripiegano all’indietro quando la bocca è chiusa, permettono loro di inoculare il veleno — un complesso di tossine ad azione prevalentemente emolitica e necrotica — durante il morso, sia per difesa sia per immobilizzare le prede. Come tutti i rettili, le vipere sono ectotermiche, cioè dipendono dalla temperatura esterna per regolare il metabolismo. Per questo alternano lunghe soste al sole, utili ad aumentare la temperatura corporea, a momenti in cui cercano l’ombra o il sottobosco per evitare il surriscaldamento. L’attività è generalmente diurna, con picchi nelle ore più fresche in estate, mentre in primavera e inizio autunno possono essere attive anche nelle ore centrali del giorno.

In Italia, le vipere prediligono ambienti diversificati ma sempre con una componente di rifugi sicuri: pietraie calde e soleggiate, muretti a secco, margini di radure, zone cespugliose vicino a corsi d’acqua, pagliai, cataste di legna, anfratti di baite diroccate e margini boschivi. Questi luoghi offrono sia protezione dai predatori, sia la possibilità di cacciare di sorpresa piccoli mammiferi — come arvicole, topi selvatici e ghiri — oltre a lucertole e, più raramente, uccelli o grossi insetti. L’incontro con le vipere è più probabile nei mesi caldi, proprio quando aumenta la frequentazione dei boschi da parte di cercatori di funghi ed escursionisti. Contrariamente alla credenza popolare, questi serpenti non attaccano l’uomo di proposito: se avvertono vibrazioni o rumori, tendono a fuggire. I morsi avvengono quasi sempre come reazione difensiva a un contatto diretto o a un disturbo improvviso, ad esempio quando si calpesta accidentalmente l’animale o lo si manipola. Ecco perché basta un minimo movimento con il bastone, all'atto della raccolta dei funghi, per evitare sorprese sgradite (da ambo le parti: anche la vipera si spaventa della nostra presenza!).
Come sono fatte
A differenza dei serpenti non velenosi presenti in Italia, le vipere hanno alcune caratteristiche anatomiche che permettono di riconoscerle con buona probabilità anche a distanza di sicurezza. Il capo è corto e largo, nettamente distinto dal collo, con una forma triangolare dovuta alla presenza delle ghiandole velenifere situate ai lati della testa. Gli occhi sono relativamente piccoli, con pupilla verticale (ellittica) simile a quella dei gatti, mentre nei serpenti innocui la pupilla è solitamente rotonda.

Il corpo è tozzo e piuttosto robusto rispetto alla lunghezza totale, che nelle specie italiane raramente supera gli 80 cm (la Vipera ursinii è di taglia più piccola ). Le squame dorsali sono carenate, cioè presentano una leggera cresta centrale che conferisce alla pelle un aspetto opaco e ruvido. Il muso può essere arrotondato o, in alcune specie, portare una piccola escrescenza carnosa rivolta verso l’alto: è il caso della Vipera ammodytes, detta “vipera dal corno”. Le zanne velenifere sono lunghe e tubolari, articolate in modo da potersi ripiegare all’indietro quando la bocca è chiusa e scattare in avanti durante il morso. Collegate alle ghiandole velenifere, permettono di inoculare con precisione il veleno. Il disegno dorsale è spesso un elemento chiave per il riconoscimento: nella Vipera aspis, ad esempio, si osserva una tipica striscia scura a zig-zag lungo tutto il dorso; nella V. ammodytes il disegno è simile ma più marcato, mentre la V. ursinii presenta motivi più sfumati e meno contrastati. Questi caratteri distintivi — capo triangolare, pupilla verticale, corpo tozzo, squame carenate e tipico disegno dorsale — non vanno mai presi come unico criterio di identificazione, poiché in natura esistono eccezioni e variazioni cromatiche. Osservare da una distanza prudente resta la regola fondamentale.
Il morso
Il morso di una vipera è solitamente riconoscibile dalla presenza di due fori ben visibili, impressi dai denti veleniferi, distanziati mediamente da 6 a 10 millimetri, a seconda della specie e della taglia dell’animale. A differenza dei serpenti non velenosi, che lasciano un’impronta più irregolare e composta da molteplici piccoli segni ravvicinati, la vipera imprime due perforazioni principali, spesso accompagnate da segni più superficiali dei denti accessori. Il dolore è immediato, acuto e localizzato, seguito, dopo 10–20 minuti, dalla comparsa di un edema (gonfiore) nella zona colpita. Entro alcune ore possono manifestarsi ecchimosi (macchie violacee) e arrossamenti, dovuti all’azione emolitica e necrotica del veleno. In casi sintomatici, nelle prime 6 ore possono comparire anche manifestazioni sistemiche: sete intensa, agitazione, debolezza, dolori muscolari e articolari, nausea, vomito e diarrea. Contrariamente a quanto spesso si crede, in Italia il morso di vipera raramente è letale per un adulto sano: la mortalità è stimata sotto l’1% e la prognosi migliora sensibilmente con un intervento medico tempestivo. Inoltre, circa il 20–25% dei morsi sono “secchi”, ossia senza inoculazione di veleno, poiché l’animale può mordere a scopo dissuasivo senza sprecare la preziosa risorsa tossica. Le vipere non hanno alcun interesse ad attaccare l’uomo e, se percepiscono vibrazioni o movimenti, tendono a ritirarsi. Gli incidenti avvengono perlopiù quando vengono calpestate o manipolate involontariamente. Per ridurre il rischio, è bene evitare di introdurre le mani in anfratti, sotto pietre esposte al sole, tra cataste di legna, pagliai o ruderi, specialmente in prossimità di corsi d’acqua o pendii rocciosi. L’uso di scarponi alti e attenzione visiva costante durante il cammino riducono ulteriormente le possibilità di contatto diretto.
E se vengo ferito?
Il cosiddetto siero antivipera, un tempo impiegato di frequente, oggi non è più considerato di uso comune in Italia, poiché può provocare gravi reazioni allergiche. In caso di morso, il passo più importante è conservare la calma: l’agitazione accelera la circolazione sanguigna e favorisce la diffusione del veleno. È opportuno detergere delicatamente la ferita senza esercitare pressione e mantenere l’arto colpito fermo, con movimenti ridotti al minimo, preferibilmente al di sotto del livello del cuore. I rimedi popolari, come incisione della ferita o aspirazione del veleno, non solo sono inefficaci, ma possono aggravare la situazione; lo stesso vale per l’uso di lacci emostatici, impacchi ghiacciati a contatto diretto o consumo di bevande alcoliche. Anche alcuni farmaci, come antinfiammatori e aspirina, possono aumentare il rischio di complicanze. Il percorso verso una struttura sanitaria dovrebbe avvenire con lentezza e tranquillità, cercando di limitare ogni sforzo. La gestione iniziale, unita a un rapido accesso a cure mediche qualificate, è il modo più sicuro per affrontare questo tipo di incidente.
Le Vipera nostrane
In Italia, la diversità delle vipere è rappresentata principalmente da quattro specie, ciascuna con caratteristiche distintive e, in alcuni casi, sottospecie ben definite.
Vipera aspis – Diffusa in gran parte dell’Europa occidentale, è la specie più comune in Italia, soprattutto in aree montane e collinari. Comprende diverse sottospecie, tra cui V. aspis aspis e V. aspis francisciredi, che si distinguono per leggere variazioni di colorazione e dimensioni.
Vipera berus – Nota come vipera comune, è la specie di viperide più diffusa in Europa. In Italia si rinviene principalmente nelle regioni settentrionali e in alcune zone montuose; non presenta sottospecie rilevanti nel nostro Paese, pur mostrando altrove variazioni regionali.

Vipera ammodytes – Chiamata vipera dal corno per la caratteristica escrescenza sul muso, è tra le più facilmente riconoscibili. Predilige ambienti rocciosi e asciutti, ed è presente soprattutto lungo il confine nord-orientale.
Vipera ursinii – La più piccola tra le vipere italiane, vive in habitat di alta montagna e praterie. In Italia sono presenti V. ursinii ursinii e V. ursinii macrops, distinte per areale e per alcuni tratti morfologici.
Innocue, inconsapevoli vipere
In Italia, diverse specie di serpenti innocui vengono ancora confuse con le vipere e, a causa di questa errata identificazione, finiscono per subire ingiustamente paura e persecuzioni. È il caso della coronella (Coronella austriaca), che può ricordare la vipera per il corpo tozzo e il colore bruno, ma si distingue per la testa poco separata dal collo e la pupilla rotonda.

Le natrici (Natrix natrix, N. helvetica, N. tessellata), tipiche degli ambienti acquatici, hanno corpo molto allungato, squame lisce e pupilla rotonda; nuotano bene e, se minacciate, si limitano a inscenare un morso o a secernere un odore sgradevole. Il biacco (Hierophis viridiflavus), serpentone slanciato dal colore scuro con screziature gialle, può superare i due metri, ma possiede testa ovale e pupilla rotonda, ben diverse dal capo triangolare e dalla pupilla verticale delle vipere. Riconoscere questi tratti — forma della testa, pupilla, proporzioni del corpo e tipo di squame — è il primo passo per proteggere animali innocui e preziosi nel controllo naturale dei roditori.

La ricerca di funghi è un’occasione privilegiata per immergersi nella natura e scoprire la ricchezza della sua biodiversità. Per viverla pienamente, è fondamentale muoversi con rispetto e attenzione, ricordando che i boschi sono casa di molte altre creature. Conoscere e comprendere la fauna locale, comprese le vipere, significa ridurre i rischi per noi e per i nostri animali, ma anche contribuire alla tutela di un ecosistema delicato, che merita di restare intatto per le generazioni future.