I funghi di Halloween: tra scienza e suggestione

I funghi di Halloween: tra scienza e suggestione
Dal legno ormai disfatto in decomposizione sotto al muschio del sottobosco, emergono gli stromi scuri di una specie del genere Xylaria.

È la sera di Halloween. Le foglie morte, rimesse in gioco dal vento, si accumulano ai margini del bosco; l’aria si è fatta più tersa, e i contorni degli alberi sembrano disegnare un fondale in attesa. Ma sotto il tappeto di lettiera, tra muschi, rami e radici, non è soltanto la nostra immaginazione a muoversi: anche i funghi, silenziosi protagonisti dell’autunno, occupano la scena. Non come comparse grottesche da folklore, ma come organismi reali, dotati di forme, funzioni e strategie che evocano mistero e trasformazione. Quello che segue non è un catalogo di “mostri naturali”, ma un viaggio fra sporofori che sembrano parlare lo stesso linguaggio dell’oscurità e della metamorfosi: non per compiacere l’immaginario della festa, ma per raccontare ciò che davvero accade, in termini ecologici, morfologici e simbolici.

La notte che illumina

In alcune specie fungine lignicole, è documentata la bioluminescenza: un’emissione di luce visibile, tipicamente verde-azzurra, dovuta a una reazione chimica intracellulare che coinvolge un substrato organico, la luciferina, e un enzima specifico, la luciferasi. Il processo, catalizzato in presenza di ossigeno, porta all’ossidazione della luciferina, con produzione di luce fredda (senza sviluppo di calore significativo) sotto forma di fotoni a bassa energia. Dal punto di vista biochimico, si tratta di un meccanismo simile a quello osservabile in alcuni batteri marini, insetti (come le lucciole) o protisti planctonici, ma in questo caso localizzato in strutture miceliali o, più raramente, nei tessuti sporali. Nei funghi, la bioluminescenza è stata accertata in circa 80 specie appartenenti a generi quali Mycena, Armillaria, Omphalotus e Neonothopanus, con localizzazione variabile: talora concentrata nel micelio vegetativo, talora nel gambo o nel cappello dello sporoforo. La funzione ecologica è oggetto di studio, ma le ipotesi principali riguardano: l’attrazione di artropodi notturni per favorire la dispersione sporale (entomocoria opportunistica); l’eliminazione di radicali liberi reattivi come sottoprodotto di stress ossidativo cellulare; una funzione comunicativa intra- o interspecifica nel micelio. Il fenomeno si manifesta più facilmente in condizioni di elevata umidità relativa, temperature miti e bassa incidenza luminosa esterna, che aumentano la visibilità del segnale e potenzialmente la sua efficacia. In Italia, pur non essendo comune, è stato occasionalmente osservato in miceli di Armillaria mellea attivi su tronchi marcescenti o ceppaie di latifoglie, spesso in stadi avanzati di decomposizione. Si tratta dunque di un’espressione metabolica reale, non ornamentale, legata a condizioni specifiche e ad adattamenti che meritano ancora piena comprensione.

Omphalotus nidiformis, una delle specie dalla bioluminescenza più spettacolare (A.Powell).

Il richiamo delle streghe

Tra le forme più singolari dell’intero regno fungino, alcune si impongono per la loro struttura complessa, l’aspetto inconfondibile e le strategie biologiche altamente specializzate. Non si tratta di semplici curiosità morfologiche, ma di espressioni evolutive legate a un preciso meccanismo ecologico: la disseminazione entomofila. Il più noto tra questi è Clathrus ruber, presente anche in Italia e conosciuto come "fungo lanterna" o "cuore di strega". Quando matura, la struttura primaria racchiusa in ovolo si lacera rivelando un corpo fruttifero a reticolo tridimensionale, di colore rosso-aranciato, che ricorda una gabbia aperta, uno strano alveare o un’armatura organica. Gli apici delle maglie sono percorsi da solchi profondi, mentre la parte interna è ricoperta da una gleba mucillaginosa verdastra, dall’odore fortemente fetido, spesso paragonato a carne in decomposizione. Quell’odore non è un dettaglio accessorio: contiene composti volatili solforati e ammoniacali che attraggono ditteri necrofili, soprattutto mosche, le quali — nell’atto di nutrirsi o deporre uova — si ricoprono involontariamente di spore, favorendone il trasporto e la dispersione.

Esemplari vividi di Clathrus ruber, il "fungo lanterna".

Più raro, ma forse ancora più suggestivo, è Pseudocolus fusiformis (in alcune classificazioni Pseudocolus grandis), occasionalmente segnalato anche in contesti antropizzati come giardini, aiuole e substrati arricchiti. Il suo corpo fruttifero si apre in tre o quattro bracci slanciati e convergenti all’apice, formando una sorta di struttura fusiforme, cava, che richiama per forma una mano stilizzata o un tentacolo. Anch’esso origina da una volva biancastra che si lacera bruscamente nel momento della fruttificazione, con sviluppo rapido e improvviso, spesso in meno di 24 ore. La superficie interna dei bracci è ricoperta da gleba marrone-olivastra, vischiosa e intensamente odorosa, anch’essa progettata per attirare insetti necrofili. Il colore, la consistenza e la rapidità di sviluppo suggeriscono un adattamento altamente efficiente alla fruttificazione esplosiva, in condizioni ambientali favorevoli (alta umidità, substrati organici degradanti, temperature miti). Questi funghi, per quanto appariscenti, hanno cicli vitali brevissimi: dopo la comparsa, spesso al mattino presto, tendono a collassare su sé stessi nel giro di 36–48 ore. Tuttavia, quella fugace apparizione è il culmine di un lungo lavoro del micelio, che ha accumulato risorse e atteso condizioni idonee per la fruttificazione e la diffusione delle spore nell'ambiente circostante.

Pseudocolus fusiformis, un fungo tropicale dall'aspetto decisamente inquietante!
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Non sono creature da leggenda, né invenzioni folcloriche: sono organismi reali, perfettamente adattati a una strategia di disseminazione eterotrofica, sfruttando le nicchie lasciate dalla decomposizione animale e le abitudini trofiche degli insetti detritivori. E proprio in virtù di questa “mimesi cadaverica” si impongono come perfetti simboli biologici dell’autunno profondo, quando il bosco si trasforma in laboratorio di decomposizione e rinnovamento.

Le dita che "emergono" dal suolo

Tra le apparizioni più suggestive dell’autunno figura Xylaria polymorpha, i cui corpi fruttiferi — stromi nerastri, allungati, talvolta ramificati — si sollevano dai ceppi in disfacimento come falangi carbonizzate che sporgono dalla lettiera. L’aspetto ha ispirato il soprannome “dita del morto” (in inglese dead man's fingers, corpse fingers, witch’s fingers), a conferma di quanto la sua morfologia abbia colpito l’immaginario collettivo; ma al di là della forma evocativa, si tratta di un organismo chiave nei processi di demolizione lignocellulosica.

Xylaria polymopha complex emergente da detriti legnosi interrati. (Raimond McNeil).

I funghi del genere Xylaria colonizzano internamente il legno morto, digerendo selettivamente cellulosa ed emicellulosa attraverso un complesso sistema enzimatico, e lasciando come residuo una massa di lignina più scura e compatta. Gli stromi (ciò che di fatto è visibile) — duri, opachi, scarsamente differenziati — rappresentano solo la fase finale di un’attività miceliale prolungata, invisibile ma decisiva per la restituzione di nutrienti al suolo. Così, ciò che al margine del sentiero può sembrare una reliquia macabra è in realtà la traccia visibile di un metabolismo sotterraneo che permette al bosco di decomporre, riciclare e rigenerare.

Il "sangue" che non è sangue

Tra i funghi che più colpiscono per l’aspetto drammatico, Hydnellum peckii si distingue per le caratteristiche gocce rosse che affiorano sulla superficie del cappello, biancastro o grigio‑rosato nei giovani esemplari. Non si tratta di sangue, ma di guttazione attiva: un processo attraverso cui il fungo espelle, in condizioni di elevata umidità relativa, fluidi ricchi di pigmenti, composti fenolici e metaboliti secondari, probabilmente implicati nella difesa chimica o nella regolazione idrica. Sebbene la guttazione sia nota in varie idnacee, in H. peckii (specie diffusa in Italia, sotto conifere) raggiunge un’intensità tale da evocare un segnale d’allarme visivo, quasi una mimetizzazione inversa, in cui il fungo si rende volutamente appariscente. Non è chiaro se ciò svolga un ruolo deterrente, attrattivo o puramente escretivo, ma il dato certo è che la produzione dei pigmenti è influenzata da condizioni ambientali precise — acidità del substrato, attività enzimatica, presenza di conifere ospiti.

Hydnellum peckii, giovani esemplari con gocciole di essudato color rosso "sangue".

La voce delle gelatine

Infine, il bosco di "Halloween" ospita anche altre specie fungine bizzarre, come alcune "gelatine” fungine che sembrano uscite da una scenografia fantastica: Tremella mesenterica, ad esempio, appare come una massa cerebriforme giallo-oro, spesso sui rami morti di latifoglie, dove parassitizza altri funghi lignicoli. Può rigonfiarsi improvvisamente dopo un temporale, dando l’impressione che qualcosa di vivo e vischioso sia affiorato dalla corteccia. La sua apparenza liquida, tremolante, quasi ectoplasmatica, che talvolta suscita una certa inquietudine visiva, è in realtà un adattamento funzionale: il corpo fruttifero è costituito da un tessuto ifale elastico e fortemente idrofilo, capace di resistere a forti oscillazioni ambientali e di mantenere l’attività riproduttiva in condizioni favorevoli.

Tremella mesenterica, una specie diffusa nei periodi umidi e piovosi in boschi di latifoglie.

Più sobria ma altrettanto curiosa è Auricularia auricula-judae, comunemente chiamata “orecchia di Giuda”, che si sviluppa con una forma lobata e cartilaginea, brunastra, simile a un padiglione auricolare. Cresce prevalentemente su rami morti di latifoglie con preferenza per sambuco, pioppo e Quercus sp., e il suo aspetto carnoso ma flaccido, soprattutto quando reidratato dalla pioggia, rientra a pieno titolo nell’estetica del perturbante. Anche in questi casi, l’umidità non è solo un fattore esterno, ma la condizione strutturale necessaria alla fruttificazione e alla sopravvivenza. La consistenza gelatinosa non è un’anomalia: è un tratto selezionato evolutivamente per vivere a lungo e in ambienti discontinui, dove l’acqua compare e scompare in brevi cicli. L’aspetto “spettrale” di queste forme è solo il lato visibile di una strategia biologica raffinata, in cui l’evanescenza e la reversibilità diventano strumenti di resistenza.

Auricularia auricula-judae, nota come "orecchia di Giuda", specie molto apprezzata nei paesi orientali e alla base di numerose pietanze della cucina del sud-est Asiatico.

Osservare questi funghi significa capire che Halloween non è solo fantasia, ma anche natura che si trasforma. Dietro ogni forma strana c’è un meccanismo preciso: la luce è chimica, il “sangue” è guttazione, l’odore attira insetti. Ciò che sembra inquietante serve alla vita. I funghi che affiorano in questa stagione non sono travestimenti, ma segnali veri di ciò che accade sotto terra.
La loro magia non sta nell’apparenza, ma nel fatto che mostrano — per un attimo — la realtà nascosta del bosco.