Quando i funghi nascono "ad anelli": cosa sono i cerchi delle streghe?
I cerchi delle streghe sono uno dei fenomeni più affascinanti – e al tempo stesso più fraintesi – della micologia applicata all’ecologia del paesaggio. Capita di vederli durante una passeggiata: un cerchio perfetto, comparso senza preavviso nel prato; un anello di funghi disposti con una precisione che nessun giardiniere saprebbe imitare; una corona di erba insolitamente verde; oppure, al contrario, una fascia dove la vegetazione sembra bruciata, quasi consumata da un incendio invisibile. Alla vista sono disegni enigmatici, quasi un messaggio cifrato inciso sul manto erboso. Eppure dietro a queste forme così nette non agisce alcuna magia, ma un processo sotterraneo antico quanto i prati stessi: la crescita radiale del micelio, un’espansione lenta, tenace e continua che modella il suolo senza che nessuno se ne accorga. Quello che appare in superficie è soltanto il riflesso di una vita profonda, silenziosa e sorprendentemente ordinata, capace di costruire paesaggi invisibili e di restituirli alla luce con geometrie perfette.

Dal mito al suolo: l’immaginario europeo dei "cerchi delle streghe"
Prima che la scienza ne chiarisse la dinamica, i cerchi delle streghe avevano già un posto stabile nell’immaginario europeo. In area anglosassone erano detti fairy rings e rappresentavano i luoghi in cui fate ed elfi avrebbero danzato di notte, lasciando nell’erba un’impronta perfetta; questa interpretazione è documentata nelle principali raccolte di folklore britannico tra XVII e XIX secolo. Nelle regioni germanofone il termine storico è Hexenring, l’“anello delle streghe”, espressione attestata nei repertori linguistici ottocenteschi e connessa a danze o presenze sovrannaturali. In Francia compaiono come ronds de sorcières o cercles des fées, interpretati nei racconti popolari bretoni e normanni come tracce di processioni notturne di streghe o korrigans, e talvolta a draghi o animali fantastici che avrebbero segnato l’erba con il loro passaggio. In Italia, dove la tradizione è più frammentaria e affidata soprattutto alla memoria orale, i cerchi di funghi e d’erba anomala ricorrono in racconti locali come punti “dove non va il bestiame” o come zone in cui l’erba “si consuma da sola”. Racconti di questo tipo sono stati raccolti in diverse aree alpine e appenniniche, senza però costituire un corpus unitario paragonabile a quello francese o britannico: sono piuttosto segnali di una stessa impressione diffusa, quella di un prato che porta addosso un disegno che nessun contadino ha tracciato. L’osservazione empirica c’era, insomma, molto prima della spiegazione. L’anello, per chi viveva il prato quotidianamente, era una stranezza evidente: l’erba cresceva diversamente in una fascia precisa, oppure si bruciava in un cerchio; in alcuni anni comparivano in quel punto funghi ripetuti, quasi a confermare che “qualcosa” stesse lavorando nel terreno. Solo il Novecento micologico ed ecologico ha trasformato quel qualcosa in un oggetto di studio sistematico.
Che cosa sono i "cerchi delle streghe"?
Con il termine “cerchi delle streghe” si indicano pertanto gli anelli vegetazionali e di funghi generati dalla crescita radiale di un micelio perenne nel suolo. Il principio è semplice, ed è stato descritto in modo classico dai micologi statunitensi Henry L.Shantz e Rudolph L.Piemeisel all’inizio del Novecento studiando i pascoli del Colorado: da un punto di origine – una spora germinata, un frammento di micelio – il fungo si espande in tutte le direzioni con velocità relativamente costante, finché trova nel terreno sostanza organica da degradare. Di anno in anno il fronte più attivo si sposta verso l’esterno, mentre il centro dell’anello, ormai impoverito, vede il micelio regredire o trasformarsi in strutture meno attive. Se si analizza un cerchio con un campionamento lungo il raggio, come hanno fatto Edwards in Inghilterra per Agaricus arvensis e, più recentemente, Bonanomi e collaboratori per Agaricus crocodilinus nei pascoli mediterranei montani, si ritrovano sempre gli stessi elementi: un settore interno con suolo più povero di azoto disponibile; una fascia intermedia in cui l’attività microbica e la disponibilità di nutrienti aumentano; un fronte esterno molto attivo, dove il micelio è più denso e le trasformazioni del suolo sono massime. I funghi che formano cerchi nei prati sono spesso saprotrofi specializzati nel degradare il feltro erboso e la sostanza organica accumulata negli strati superficiali: resti di radici, foglie, residui di attività di pascolo. Il micelio agisce come un “motore di decomposizione” che percorre il prato in forma di anello e ne rialloca a poco a poco nutrienti e acqua. È per questo che i cerchi non sono mai casuali: la forma circolare è la geometria spontanea di una colonia che cresce allo stesso ritmo in tutte le direzioni, salvo arrestarsi dove incontra ostacoli fisici o cambi drastici di suolo.

Come si origina un cerchio?
Un cerchio delle streghe nasce quando un micelio, partito da un punto iniziale, che può essere una spora germinata, un piccolo frammento di ife rimasto nel terreno, un residuo vegetale colonizzato, inizia ad avanzare nel suolo con un ritmo più o meno costante. La crescita avviene in tutte le direzioni, formando un disco sotterraneo che ogni anno si espande verso l’esterno. La parte più interna del micelio, man mano che invecchia, perde vigore: il suolo viene gradualmente impoverito, la materia organica facilmente degradabile si esaurisce, la comunità microbica cambia e la stessa struttura del terreno si modifica. Il fronte esterno, invece, resta la zona più attiva: qui il micelio è giovane, fitto, metabolicamente vivace. È in questa fascia periferica che si concentrano le trasformazioni più evidenti (decomposizione del feltro radicale, rilascio di nutrienti minerali, eventuale produzione di composti idrofobizzanti o fitotossici, riorganizzazione della microflora del suolo) e che si formano, nei periodi favorevoli, i corpi fruttiferi disposti ad arco o anello. Quando questa struttura raggiunge una certa maturità, e quando le condizioni climatiche non la interrompono, il cerchio diventa una vera e propria “geometria in movimento”: avanza lentamente, si allarga, lascia dietro di sé un suolo diverso da quello che incontra, e imprime sul prato la forma perfetta di un processo che dura anni o decenni.
Cerchi simili, metabolismi differenti
Quando il micelio in espansione interagisce con il tappeto erboso, il prato può rispondere in modi molto diversi. Da qui nascono le tre manifestazioni più note del fenomeno: i "cerchi" più verdi, gli anelli bruciati e cerchi che diventano percepibili soltanto quando compaiono i funghi. Non si tratta di categorie rigide né di meccanismi distinti: sono semplicemente tre esiti possibili dello stesso processo, modulati dal tipo di fungo, dal suolo, dalla gestione del prato e, soprattutto, dal clima della stagione. La forma più intuitiva è quella dei cerchi ad anelli verdi. In questi casi il fronte del micelio funziona come un piccolo laboratorio di decomposizione: il feltro erboso e i residui organici che si accumulano nei prati (radici morte, tessuti senescenti, materiale cellulosico) vengono mineralizzati più rapidamente. Questa attività libera azoto nitrico e ammoniacale in quantità superiori rispetto al suolo circostante e aumenta anche la respirazione del suolo e la biomassa microbica, come mostrano gli studi classici di Edwards su Agaricus arvensis e lavori più recenti pubblicati su riviste come IMA Fungus e Wiley. Il risultato visibile è una cintura di erba più scura, più alta e più fitta, che segue la forma dell’anello sotterraneo e segnala con precisione dove il fronte miceliare è attivo.

La seconda manifestazione è la più drammatica, soprattutto per chi si occupa della manutenzione dei tappeti erbosi: i cerchi bruciati. In questo caso, il micelio non si limita a decomporre la sostanza organica, ma modifica fisicamente il suolo. Alcune specie, come le gambesecche, Marasmius oreades, producono composti che rivestono le particelle del terreno, rendendo idrofobico lo strato superficiale. Invece di infiltrarsi, l'acqua scivola lateralmente o evapora più rapidamente, esponendo le radici dell'erba a una siccità localizzata. La situazione può peggiorare quando il fungo produce composti che rilasciano cianuro nel terreno, come dimostrato dagli studi sui cerchi di Marasmius oreades. In queste condizioni, l'erba può ingiallire e collassare sotto il doppio colpo di uno stress idrico, causato dalla scarsa penetrazione dell'acqua, e di uno stress fisiologico dovuto alla tossicità radicale. Ne risultano anelli di colore giallo-marrone che, per secoli, hanno alimentato il mito delle "bruciature magiche" del prato.

Accanto a queste forme evidenti esistono i cerchi più discreti, talvolta impercettibili, che vengono chiamati “silenziosi”. Qui il micelio continua a crescere in anello, ma l’erba riesce a compensare gli squilibri nutrizionali e idrici, soprattutto nei prati seminaturali e nei pascoli meno intensivi, dove la profondità del suolo e la diversità vegetale attenuano le variazioni. L’anello non si manifesta dunque come una fascia di vigore o di sofferenza, ma emerge solo quando arrivano i funghi: un arco di Calocybe gambosa in primavera, un cerchio di Lycoperdon o Calvatia in estate, oppure gli archi di fruttificazione di vari Agaricus montani, ben documentati in studi universitari e nelle raccolte accademiche.

È fondamentale ricordare che queste tre manifestazioni non rappresentano stati fissi, ma espressioni transitorie di un processo in continua evoluzione. Il cerchio può manifestarsi come un cerchio verde in una stagione umida e successivamente trasformarsi in un cerchio bruciato dopo un'estate particolarmente siccitosa; un cerchio silenzioso può emergere all'improvviso quando una fruttificazione abbondante ne rivela l'esatta geometria; un cerchio bruciato, infine, può attenuarsi sia in seguito ad aerazioni del suolo, sia in anni in cui le piogge ristabiliscono una sufficiente continuità idrica. I modelli dinamici più recenti evidenziano che la transizione tra differenti tipi di cerchio è regolata da una minoranza di fattori determinanti, quali la disponibilità idrica, la capacità del micelio di produrre sostanze idrofobizzanti o fitotossiche, la velocità di degradazione del feltro e la risposta fisiologica delle graminacee agli stimoli variabili. Anche l'interazione tra gli eventi meteorologici e la fisiologia del micelio risulta determinante: un'improvvisa ripresa dell'umidità dopo un lungo periodo di siccità può evidenziare i cerchi bruciati; una primavera mite e piovosa può far "esplodere" i cerchi verdi; un autunno caratterizzato da piogge regolari e giornate asciutte tende invece a mettere in luce i cerchi più discreti, che altrimenti rimarrebbero nascosti. In ogni caso, al di là dell’aspetto esteriore, queste tre forme non rappresentano fenomeni diversi, ma espressioni differenti della stessa geometria vivente: un micelio che avanza, una pianta che risponde, un suolo che cambia, una stagione che decide quale volto avrà il cerchio.
Cerchi in Italia
In Italia i cerchi delle streghe sono più diffusi di quanto si pensi, ma spesso sfuggono all’osservazione perché confusi con semplici irregolarità del prato. Nei pascoli, nelle radure prative, ma anche in parchi o campi sportivi dove non vengono utilizzati fungicidi sistemici e dove la concimazione non è eccessiva compaiono con regolarità i cerchi prodotti da Marasmius oreades. In questi contesti, dove il feltro tende ad accumularsi e il suolo non è sterilizzato dalla gestione intensiva, il micelio può agire indisturbato e generare sia cerchi verdi nelle stagioni umide, sia cerchi bruciati nei periodi di siccità.

In zone prative affini, si possono osservare anche crescite circolari di Lepista nuda (l'agarico violetto) Infundibulycibe geotropa (il "fungo di San Martino, ordinale, cimballo), e Clitocybe nebularis (il non commestibile ordinale grigio) che dopo autunni piovosi possono disegnare semicerchi viola o porpora sul tappeto erboso. Sono altrettando frequenti i cerchi formati dai prataioli: Agaricus campestris, Agaricus arvensis e, forse la specie più rappresentativa fra i pascoli submontani appenninici e alpini, Agaricus crocodilinus. Queste specie, ben adattate ai prati stabili poco concimati, possono formare cerchi di grande diametro, talvolta visibili anche prima della fruttificazione come leggere variazioni nella tessitura dell’erba. Sovente, possono essere accompagnati da formazioni circolari delle mazze da tamburo (Macrolepiota procera), vesce (Calvatia utriformis, Bovista plumbea, Langermannia gigantea) ma anche della curiosa Saproamanita vittadinii. Nei pascoli collinari e appenninici, il fenomeno dei cerchi delle streghe assume, per un'ampia gamma di raccoglitori, un valore quasi tradizionale. Calocybe gambosa, noto come "fungo di San Giorgio" o prugnolo, è una delle specie più apprezzate e attese in Italia. La sua abitudine a manifestarsi in cerchi regolari ha contribuito a creare una mappa culturale del territorio, dove la ricerca del fungo diventa un simbolo di appartenenza a una comunità e un elemento di identificazione del territorio. Per alcuni raccoglitori, l'arrivo dei prugnoli coincide con il ritorno a cerchi noti fin dall'infanzia, mentre per altri, la ricerca segue un approccio più analitico, simile a quello dei botanici: si osservano le variazioni della cotica erbosa, si riconoscono i margini più fitti e scuri, e si memorizzano micro-avvallamenti e pietre utili come punti di riferimento. In condizioni ambientali favorevoli, il cerchio rivela con assoluta chiarezza la sua geometria, mentre in condizioni avverse appare solo parzialmente, come un disegno interrotto che richiede una ricomposizione.

Ingegneri dell’ecosistema
Oggi i cerchi delle streghe non sono più considerati semplici curiosità del prato, ma veri e propri “ingegneri dell’ecosistema”: strutture viventi capaci di modificare la distribuzione dei nutrienti, l’aspetto della vegetazione e persino la vita microbica del suolo. Quando il micelio avanza, lascia dietro di sé un terreno via via più povero, perché la materia organica facilmente disponibile viene consumata, mentre lungo il bordo attivo crea una fascia più ricca e biologicamente vivace. Questo gradiente influisce direttamente sulle piante: alcune specie dominanti si indeboliscono, altre approfittano dell’ambiente più fertile e si insediano in spazi che prima non avrebbero conquistato. Nei prati stabili, non eccessivamente concimati, questo processo lento ma costante può persino aumentare la diversità complessiva della vegetazione. Lo stesso vale per la comunità microbica del suolo. Nella fascia del cerchio cambiano la quantità di carbonio disponibile, la respirazione del suolo e l’attività di funghi e batteri. Alcuni gruppi risultano particolarmente attivi perché trovano residui vegetali freschi e carbonio labile; altri invece diminuiscono o scompaiono, preferendo suoli più maturi. Ne emerge così un microambiente dinamico, che il cerchio sposta nel prato anno dopo anno, come un’onda biologica che ridisegna lentamente la struttura del terreno.
E il clima? Potenziali indicatori "biologici"
La forma del cerchio nasce dal micelio, ma la sua visibilità varia molto a seconda del clima. I cerchi sono strutture sensibili che rispondono all'alternanza di umidità, calore e distribuzione delle piogge. Le fruttificazioni a cerchio compaiono soprattutto quando piogge regolari e temperature miti si alternano a brevi periodi di siccità. In queste finestre meteorologiche, il fronte del micelio lavora in equilibrio con il prato e organizza la fruttificazione lungo la sua periferia, rendendo evidente la geometria sotterranea. Nelle annate siccitose, la situazione cambia: il micelio può rendere idrofobico lo strato superficiale del suolo, impedendo all'acqua di infiltrarsi. Le piogge sporadiche non bastano a reidratare la zona occupata dal fungo e le radici soffrono più rapidamente, così il cerchio bruciato emerge con forza, come una cintura gialla o necrotica. Nei pascoli collinari e montani, questo effetto è particolarmente evidente dopo estati secche, mentre in anni freschi e piovosi, lo stesso cerchio può ridursi a una semplice fascia di erba più verde o restare invisibile fino alla fruttificazione. In un clima sempre più caratterizzato da piogge irregolari e periodi di siccità prolungati, i cerchi tendono a diventare più netti e frequenti, lasciando piccole ma efficacissime tracce biologiche delle tensioni idriche che attraversano i prati.

Guardando al clima che cambia, i cerchi delle streghe assumono un ruolo sempre più rivelatore. L’alternanza, ormai abituale in molte regioni mediterranee, tra piogge brevi e intense e lunghi periodi asciutti produce contrasti marcati nella risposta del prato: il micelio reagisce rapidamente a queste oscillazioni idriche e la vegetazione ne registra gli effetti in modo visibile. In anni dominati da questa irregolarità, i cerchi tendono a diventare più netti: le fasce bruciate emergono con maggiore frequenza nei prati aridi o semi-aridi, mentre gli anelli verdi risultano più brevi e concentrati nelle poche finestre di umidità stabile. È come se il prato amplificasse, attraverso il disegno dei cerchi, gli sbalzi climatici della stagione. Per questo i cerchi fungini possono essere considerati piccoli “indicatori biologici”: non misurano pioggia o temperatura, ma traducono, nel modo più immediato possibile, le tensioni idriche che attraversano il suolo, offrendo così uno sguardo semplice ma efficace sulle trasformazioni climatiche in atto, e su come i prati, anche quelli che sembrano più uniformi, reagiscono ai nuovi ritmi dell’acqua.