Il porcino moro o rosso, Boletus pinophilus

Il porcino moro o rosso, Boletus pinophilus

Fra i quattro Re “porcini” è sicuramente la specie più bella e rappresentativa dal punto di vista estetico; riconoscibile facilmente per i suoi colori, l’alone rossastro sotto alla cuticola e l’elevato peso specifico, è anche però considerato dai cercatori il meno buono fra i quattro porcini presenti in Italia, in quanto non possiede un aroma intenso e penetrante nel fresco. In verità è un fungo ottimo e adatto a tutti gli usi, in quanto acuisce notevolmente il suo profumo sia dopo cottura, sia dopo essiccazione; inoltre, fra i quattro porcini, è quello solitamente meno amato da parassiti, il che lo rende un fungo eccezionale sotto ogni aspetto. È il primo e ultimo porcino che incontriamo nei boschi: fa una veloce comparsa in primavera (aprile-giugno), resiste in alta montagna nei mesi estivi (luglio-settembre) e fruttifica da settembre fino alle prime nevicate nei boschi appenninici, talvolta resistendo sin quasi alle soglie del Natale!

Come si riconosce?

Il cappello di Boletus pinophilus è globoso e molto carnoso, con il bordo ben aderente al gambo quando il fungo è giovane. Poi si allarga progressivamente ma raramente si distende del tutto, se non quando è molto vecchio. La superficie, che spesso presenta fessure e gibbosità, è dapprima “pruinosa”, cioè appare coperta da una sorta di velo di zucchero a velo, ma ben presto diventa completamente liscia, vischiosa quando il tempo è umido. Se è molto giovane, a causa della “pruina” che lo ricopre, i toni del cappello risultano bianchicci, poi sfoggia un’elegante colorazione rosso-granata con possibili varianti verso il vinoso o anche il viola-nerognolo. Le dimensioni possono anche essere “titaniche”: di norma il diametro tocca i 25-30 centimetri ma sono stati trovati esemplari con cappello di 40 centimetri! La "spugna" sotto il cappello, ovvero la superficie imeniale, è composta da tubuli fini e molto lunghi, prima bianchi poi verdastri. I pori, cioè i fori terminali dei tubuli, sono molto piccoli e stretti, prima bianchi, poi giallognoli e infine verde carico con possibilità di sparse macchie rugginose. Il gambo, negli esemplari giovani, è praticamente sferico, largo quanto il cappello se non di più. Quando il fungo matura, il gambo si allunga, ma in proporzione minore di quanto accade nel Boletus edulis e nel Boletus aestivalis, mantenendo una forma più tozza e aspetto più robusto; di colore è dapprima bianco, indi diviene poi bruno rossiccio. Il reticolo, quando è ben osservabile, apparentemente sembra meno esteso di quello dei porcini simili, e ha una tinta biancastra, poi, con l'età, ocra-rossiccia, similare a a quella del gambo. La carne è abbondante e spessa, con un peso specifico nettamente superiore rispetto a quello degli altri tre porcini. Bianca, presenta come quella del Boletus edulis un alone color rosato proprio sotto la pellicina che ricopre il cappello. Il sapore è dolce, l’aroma è meno intenso di quello degli altri porcini e pure un tantino diverso, apparentemente un po’ “fruttato”.

Boletus pinophilus - Foto di Nicolò Oppicelli
Esemplari freschi di Boletus pinophilus, ritrovati nella stagione autunnale, in Appennino.

Dove nasce

A livello di ricerca e raccolta, il trovarsi di fronte uno di questi porcini regala sempre forti emozioni: massiccio e dai colori vividi, riesce con la sua maestosità anche a corrompere l’animo del più efferato micologo che si dedica alla ricerca di specie da studio. È un fungo comune, sia sulle Alpi sia sugli Appennini, ma la sua presenza è definibile “a macchia di leopardo”, ovvero in certe zone lo troviamo piuttosto facilmente, mentre in altre, anche vicine, quasi mai od in maniera sporadica. I periodi preferenziali durante i quali fruttifica sono all’inizio ed alla fine della stagione dei “porcini”, in particolare i mesi di maggio-giugno e, soprattutto, ottobre e novembre, anche se in ambiente montano, nei mesi di luglio, agosto e settembre questa specie gioca un ruolo da protagonista.

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L’epiteto specifico, deriva dal latino Pinus, ovvero “pino”, e dal greco antico “phileo”, amico, amante; intendendo questa specie come tendenzialmente associata alla presenza di conifere del genere Pinus. In realtà, in Appennino e sulle Alpi questo fungo è molto diffuso sotto castagni, faggi e anche in boschi di abete rosso ed abete bianco!

I primi Boletus pinophilus della stagione pertanto spuntano in maggio-giugno, occasionalmente anche alla fine del mese di aprile, soprattutto al limite dei boschi di faggio e castagno, o negli areali submontani con presenza di pino silvestre, pino nero o pino laricio, in particolare sulle montagne della Calabria. Qui, fra l’erba, qualche giovane piantina di mirtillo, qualche avvallamento o pianoro, si può presentare in tutta la sua maestosità. La sua fruttificazione primaverile, se la temperatura non si è ancora stabilizzata sui valori del periodo di fine primavera o d'inizio estate, risulterà piuttosto sporadica e limitata alle zone collinari con buona esposizione solare, mentre invece, se il clima risulterà più vicino alle temperature estive, per soddisfare al meglio il suo bisogno di “tepore”, tenderà a fruttificare su crinali ripidi e con poca foglia sul terreno che, per la loro conformazione, colgono perpendicolarmente i raggi del sole.

Ambiente di ricerca di Boletus pinophilus in faggeta appenninica, in tarda primavera.

Quasi sempre i Boletus pinophilus più precoci precedono le avanguardie dei fioroni degli “estatini”, ovvero le primissime nascite dei Boletus aestivalis. Nei boschi di conifera, soprattutto in quelli di abete rosso ed abete bianco, questa specie ama mostrarsi nelle zone un pochino più ripide, dove scorre l’acqua dei temporali estivi, oppure nelle aree con presenza di arbusti di mirtillo. Durante la stagione calda (luglio, agosto, settembre) la sua presenza tende a limitarsi ad areali più freschi ed ombrosi, a quote medio-alte; in virtù di questa “affiliazione” ai climi più freschi, lo possiamo incontrare con più frequenza nelle regioni alpine, nell’est e nel nord dell’Europa. Con l’avvicinarsi dell’autunno, a poco a poco la sua presenza aumenta, iniziando a mostrarsi nelle aree più fresche ed ombrose del sottobosco (faggeta, castagneto, abetaia, pineta con presenza di Pinus sylvestris, P.nigra, P.nigra ssp.laricio), per poi fruttificare in maniera più costante e copiosa con il calo delle temperature e delle ore di irradiazione solare. Nei boschi misti di latifoglia occorrerà attendere l’arrivo dei primi freddi e concentrare le ricerche nei boschi di faggio a quote mediane, 700-1.200 metri d’altitudine, e sui castagneti, con preferenza per quelli frammisti a conifere e faggi. Qui, anche nel cuore del mese di novembre ed occasionalmente a dicembre, dopo la caduta delle foglie, sembra di andare alla ricerca di funghi in un paesaggio simil-lunare! La mancanza di fronde che ostacolano la vista permette inoltre di scorgere gli ultimi giganti “rossi” anche a decine di metri di distanza, fin quando il gelo, il vento freddo o le nevicate ne fermano definitivamente la crescita.

Clima da mori!

Questo fungo predilige climi moderati e temperati, caratterizzati da umidità media e temperature non eccessivamente calde; in genere, fruttifica principalmente all'inizio e alla fine della stagione alle varie altitudini, non amando particolarmente i periodi di pioggia intensa e continuativa, ma preferendo l'alternanza di periodi piovosi a giornate consecutive di clima stabile. Le condizioni meteo ideali per il Boletus pinophilus includono un periodo di fruttificazione che va da fine aprile a novembre, con occasionali apparizioni a dicembre, preferendo i periodi della tarda primavera e dell'autunno inoltrato. Durante queste stagioni, le temperature sono moderate e l'umidità del suolo, in genere, è bilanciata. Rispetto alle altre tre specie di porcini presenti in Italia, tollera meglio le temperature inferiori agli 8-10° e trova condizioni ottimali nei limiti di temperature medie compresi tra 14 e 21 gradi. Il vento prolungato e asciutto, o l'eccessiva evotraspirazione, solitamente al termine della primavera o al principio della stagione estiva, possono rallentare o fermare del tutto la prima buttata stagionale di questa specie.

Fedele alle fungaie

Come abbiamo già detto, fra le quattro specie di Boletus note come “porcini”, il nostro amico “dei pini” è entità molto fedele ai suoi luoghi di crescita. Queste “fungaie”, anche durante i periodi più siccitosi, anche all’inizio ed alla fine della stagione di fruttificazione (tarda primavera-tardo autunno) non tradiranno mai.

Pinophilus, o pinicola?

Fra i nomi comuni in uso in Italia, troviamo: brisa mora, porcino moro, rosso, vinacciolo. A livello tassonomico il primo ad osservare questa entità fu il noto micologo Carlo Vittadini, nominandola Boletus edulis var. pinicola, suggerendo come fosse differente rispetto al più classico e conosciuto Boletus edulis. Nel 1863 fu lo studioso Antonio Venturi a descrivere ed elevare al rango di specie Boletus pinicola, senza però osservare come lo studioso Olof Swartz, nel 1810, aveva chiamato con il medesimo epiteto (Boletus pinicola) un'altra specie fungina, nel caso un diffuso fungo lignicolo oggi noto come Fomitopsis pinicola. Per via del codice internazionale che regola la nomenclatura di ogni specie esistente, un nome già coniato ed assegnato ad un taxa preciso ed identificabile non può esser utilizzato per ridescrivere od indicare una specie differente. Quindi, nel 1973 furono i micologi cechi Albert Pilat ed Aurel Dermek ad assegnare a questo fungo il suo nome attuale e corretto, Boletus pinophilus. A livello europeo, questi sono i nomi comuni in uso, tutti più o meno con velati riferimenti alla presenza di conifere del genere Pinus nei suoi ambienti di crescita preferiti: boleto pinícola in spagnolo, sureny in catalano, andoa dos piñeiros in galiziano; Kiefernsteinpilz o Rothütige Steinpilz in tedesco, pine bolete o pinewood king bolete in inglese, cèpe des pins, bolet pinicole o cep des pins de montagne in francese; rødbrun steinsopp in norvegese, rødbrun stensopp in svedese, männynherkkutatti in finlandese, männi-kivipuravik in estone, pušyninis baravykas in lituano, priežu baravika in lettone, hřib borový in ceco, borowik sosnowy in polacco, borov vrganj in croato, borov goban in sloveno, hrib de pin in rumeno.

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