Funghi e intossicazioni: il consumo in sicurezza

Funghi e intossicazioni: il consumo in sicurezza
Amanita muscaria: considerata il "fungo velenoso" per eccellenza, questa specie non è tuttavia la più pericolosa nei nostri boschi e, contrariamente alla credenza popolare, non è letale.

Da sempre i funghi hanno affascinato l’uomo, utilizzati non solo come fonte di nutrimento, ma anche per i loro effetti psicoattivi e il ruolo nei riti magici, oltre che per la pura curiosità verso questi organismi unici. Nel corso dei secoli, i nostri antenati hanno appreso – spesso a caro prezzo – quali funghi potessero essere raccolti e consumati con sicurezza e quali invece fossero pericolosi, addirittura letali. Già nell’antichità, Plinio il Vecchio, nel suo Naturalis Historia, avvertiva dei pericoli legati ai funghi, affermando che 'i funghi che cambiano colore al taglio sono tossici, mentre non lo sono i funghi bianchi e quelli che, non essendo candidi, sono immutabili', suggerendo così una possibile tossicità dei boleti. Egli segnalava inoltre la possibilità che i funghi diventassero velenosi se cresciuti in prossimità di chiodi da scarpa, ferri arrugginiti, tane di serpenti o sotto querce, faggi e cipressi. Plinio descrisse anche i primi rimedi contro le intossicazioni da funghi, come l’uso di contenitori d’argento o ambra, lunghe cotture e l’aggiunta di molto aceto. Queste osservazioni, pur basate su conoscenze empiriche, hanno gettato le basi per lo studio della tossicologia moderna, oggi supportata da laboratori avanzati e da una rete globale di esperti. Oggi, la tossicologia dei funghi è un campo scientifico sofisticato, che continua a evolversi grazie alla ricerca e all'analisi avanzata delle sostanze chimiche presenti nei funghi.

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Questo testo fornisce una panoramica introduttiva sull'argomento. Per ulteriori dettagli e approfondimenti, si consiglia di consultare fonti autorevoli o di seguire le prossime pubblicazioni su questo blog.

Intossicarsi con i funghi

In Italia, la maggior parte delle intossicazioni da funghi è causata da pratiche di raccolta e consumo scorrette, piuttosto che dall'ingestione di funghi tossici o mortali. Sebbene le intossicazioni gravi siano relativamente rare, ogni anno si registrano numerosi interventi per avvelenamenti dovuti al consumo di funghi potenzialmente letali, come Amanita phalloides e specie del genere Lepiota. Purtroppo, in alcuni casi, queste intossicazioni possono avere esiti fatali. È quindi fondamentale comprendere le diverse sindromi associate all'ingestione di funghi, per poter adottare le giuste precauzioni e minimizzare i rischi.

Le sindromi

Le problematiche derivanti dal consumo di funghi tossici sono classificate in sindromi a lunga latenza (superiori alle 6 ore), che includono i casi più gravi, potenzialmente mortali, sindromi a breve latenza (inferiori alle 6 ore), generalmente meno severe, e sindromi a latenza variabile, spesso legate al consumo ripetuto di funghi, anche commestibili! Fra le sindromi a lunga latenza, troviamo la sindrome falloidea, che è la più pericolose e viene causata principalmente dal consumo di funghi del genere Amanita, come Amanita phalloides ed Amanita verna, e di altre entità contenenti amatossine, come alcune specie del genere Lepiota, o Galerina marginata. Queste sindromi si manifestano con sintomi gastrointestinali iniziali, seguiti da un apparente miglioramento, per poi evolvere in gravi danni epatici e renali, che possono portare alla morte se non trattati tempestivamente.

Amanita phalloides, amanita falloide; foto di Nicolò Oppicelli.
Amanita phalloides o amanita falloide: specie velenosa mortale molto diffusa in Italia.

Altre sindromi a lunga latenza includono la sindrome orellanica, causata dall'ingestione di funghi del genere Cortinarius (Cortinarius orellanus e Cortinarius rubellus), caratterizzata da sintomi che possono comparire sino a 5-7 giorni dal pasto, con gravi danni che hanno i reni quale organo bersaglio.

Cortinarius orellanus, foto di Nicolò Oppicelli
Bellissimo e letale: un immagine di Cortinarius orellanus, ripreso in un bosco mediterraneo.

Le sindromi a breve latenza, invece, si manifestano generalmente entro poche ore dal consumo (in genere: fra 30 minuti e 2-3 ore) e di norma non causano avvelenamenti gravi. In estrema sintesi, fra queste troviamo la sindrome gastrointestinale, che può essere causata dal consumo di diverse specie di funghi (Entoloma sinuatum, Omphalotus olearius, Agaricus xanthodermus), e si manifesta con sintomi come nausea, vomito, diarrea e dolori addominali. Un'altra sindrome a breve latenza è la sindrome colinergica o muscarinica, causata dall'ingestione di specie contenenti muscarina, come alcune Inocybaceae e Clitocybaceae. I sintomi includono salivazione eccessiva, sudorazione, lacrimazione, bradicardia e, in alcuni casi, difficoltà respiratorie. La sindrome panterinica o anticolinergica è invece associata al consumo di funghi come Amanita pantherina e la nota Amanita muscaria; qui, i sintomi si manifestano generalmente entro 30 minuti a 2 ore dall'ingestione e includono effetti neurologici come delirio, confusione, allucinazioni visive e uditive, agitazione, euforia, sonnolenza e, in alcuni casi, convulsioni. La sindrome paxillica o immunoemolitica è causata invece dal consumo ripetuto di Paxillus involutus, che può portare a una reazione immunoemolitica con sintomi come anemia, ittero, e in casi gravi, insufficienza renale; è una sindrome rara ma potenzialmente molto grave. Infine, la sindrome psilocibinica è provocata dall'ingestione di funghi allucinogeni contenenti psilocibina, come quelli dei generi Psilocybe e Panaeolus; i sintomi includono alterazioni della percezione, euforia, allucinazioni visive e uditive, confusione e ansia. Sebbene gli effetti siano generalmente di natura psicologica e si risolvano spontaneamente, possono essere pericolosi in contesti non controllati o in individui con predisposizioni psichiatriche.

Amanita pantherina, una specie tossica molto diffusa nella nostra Penisola.

Le sindromi a latenza variabile sono meno prevedibili e sono spesso legate a diversi fattori, tra cui il consumo ripetuto e abbondante di alcune specie, anche eduli; l'assunzione di funghi in concomitanza con bevande alcoliche o sostanze stupefacenti, o la sensibilità individuale, che può variare da persona a persona. Queste sindromi possono manifestarsi episodicamente o svilupparsi nel tempo, solitamente con sintomi di intossicazione lieve o moderata. Tra queste troviamo, ad esempio, la sindrome morchellica, la sindrome coprinica, la sindrome acromelalgica e la sindrome poliporica.

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Comprendere le diverse tipologie di intossicazioni è fondamentale per la prevenzione e il trattamento efficace delle stesse. Ogni appassionato di funghi dovrebbe essere consapevole dei rischi associati al consumo di specie non correttamente identificate e adottare sempre le precauzioni necessarie per evitare incidenti potenzialmente fatali.

Commestibili, che possono far male

È importante sottolineare che anche il consumo eccessivo di specie fungine commestibili, come ad esempio i porcini, può causare problemi gastrointestinali o intolleranze, soprattutto per coloro che non sono abituati a digerirli o che ne consumano grandi quantità in una singola occasione. I funghi, infatti, devono essere considerati come un valore aggiunto nella nostra cucina, capaci di arricchire i piatti con il loro sapore e le loro proprietà nutritive, ma senza eccedere. Le grandi abbuffate di funghi sono da evitare, proprio perché possono sovraccaricare il sistema digestivo. Quando troviamo l'indicazione di "commestibilità" su un libro o un manuale micologico, è fondamentale comprendere che ciò significa che il fungo in questione può essere consumato con un sufficiente livello di sicurezza, ma a condizione che vengano rispettate determinate precauzioni. Molte specie eduli richiedono una cottura adeguata per eliminare potenziali sostanze tossiche (termolabili, volatili, o idrosolubili) o per rendere la carne dei funghi più digeribile. Il concetto di commestibilità, infatti, varia in base a diversi fattori; ad esempio, le condizioni di raccolta, lo stato di conservazione, il tempo intercorso fra la raccolta e il consumo. Funghi troppo maturi, parassitati, con segni di muffa o conservati per troppo tempo in celle frigorifere possono diventare inadatti al consumo e presentare potenziali rischi per la salute. È anche essenziale ricordare che alcune specie, pur essendo considerate commestibili, necessitano di trattamenti preliminari obbligatori. Ad esempio, per alcune specie è necessario eliminare determinate parti come i gambi (Macrolepiota procera, la mazza da tamburo), procedere con una cottura completa prolungata in una padella priva di coperchio (Leccinum sp., i "porcinelli", Amanita rubescens, le Boletaceae eduli a pori rossi), o una cottura comunque prolungata (Ramaria botrytis, Ramaria sanguinea, le Ramaria sp. eduli in generale). Infine, ultima nella menzione ma prima per importanza popolare, ecco la specie che causa il maggior numero di problematiche lievi o moderate. Si tratta il fungo chiodino, Armillaria mellea, anche a causa della sua abbondante fruttificazione autunnale e del largo consumo che ne viene fatto in tutta la Penisola. Per consumare i "chiodini" in sicurezza, è consigliabile raccogliere esemplari freschi e giovani, rimuovendo la parte più fibrosa e coriacea dello stipite; successivamente, è importante sottoporli a una prebollitura, scartando l’acqua di cottura, per poi risciacquarli e procedere alla preparazione, assicurandosi di cuocerli completamente. Questi passaggi non solo garantiscono la sicurezza, ma possono anche migliorare le qualità organolettiche del raccolto.

Armillaria mellea, famigliola buona, chiodino. Foto di Nicolò Oppicelli
Armillaria mellea, il fungo "chiodino" o "famigliola buona", in due suoi cromatismi estremi. Ricordiamo che è specie che va consumata dopo sgambatura, prebollitura con risciacquo dell'acqua di vegetazione e seguente cottura di almeno 8-10 minuti.
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Ricordiamo che le informazioni riportate sono di base e, per approfondimenti in materia, è sempre consigliato frequentare i gruppi micologici sul territorio o consultare testi specializzati in tossicologia.

Linee guida per la raccolta sicura di Funghi

Ecco in conclusione, alcuni consigli per una passeggiata in sicurezza nei boschi, non solo per preservare la nostra integrità fisica, ma anche per comprendere quali specie raccogliere e quali sono completamente da evitare.

1. Non raccogliere o consumare funghi sconosciuti

La regola più importante nella raccolta dei funghi è semplice: se non conosci un fungo, non raccoglierlo e tantomeno consumarlo. Molti funghi velenosi possono apparire simili a varietà commestibili, e l'errore di riconoscimento può avere conseguenze gravi, persino fatali. Il giusto motus operandi, sarebbe: fotografare il fungo oggetto di curiosità, raccoglierne massimo 2-3 esemplari in diversi stadi di maturazione e avvolgerli in poca carta stagnola; annotare i dati e riportare l'esperienza a un gruppo micologico, o approfondirla direttamente a casa consultando testi specifici del settore.

2. Consultare esperti qualificati

Quando si tratta di identificare i funghi, affidarsi a un esperto è indispensabile. Non è sufficiente chiedere a un passante occasionale o a conoscenti non esperti. Rivolgiti sempre a un micologo certificato presso le ASL o partecipa a un gruppo micologico affidabile, dove esperti possono offrire determinazioni accurate e consigli basati su profonda conoscenza e esperienza.

3. Evitare l'uso di App o dei social media!

La tecnologia offre alcuni strumenti che "promettono" di identificare i funghi, è essenziale evitare l'uso di app per la determinazione dei funghi, in quanto queste possono essere imprecise e pericolosamente fuorvianti. Analogamente, cercare consigli sui social media è altamente sconsigliato; le informazioni possono essere fornite da individui senza le necessarie competenze, aumentando esponenzialmente il rischio di errori.

4. Consumo e conservazione

Non consumare mai funghi che presentano segni di deterioramento, come cattivo odore o aspetto marcescente, e non conservarli per periodi prolungati prima del consumo. Inoltre, è raccomandato non consumare funghi crudi, poiché possono verificarsi episodi di intolleranza soggettiva o malesseri, in particolare se gli stessi non vengono conservati adeguatamente da chi li somministra.

5. E se mi intossico?

Se sospetti una intossicazione da funghi, è vitale agire rapidamente. Contatta immediatamente il pronto soccorso (112 è il numero unico di soccorso valido in tutto il territorio europeo), e conserva i campioni del fungo consumato, insieme a qualsiasi residuo del pasto e vomito, per assistere i professionisti micologi e medici nella diagnosi e nel trattamento.

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La raccolta di funghi può essere un'attività ricca di gratificazioni, ma richiede una grande responsabilità. Seguendo queste regole, puoi goderti la natura in sicurezza, rispettando la biodiversità e proteggendo te stesso e gli altri dagli errori potenzialmente pericolosi.

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