Il boleto baio, Imleria badia

Il boleto baio, Imleria badia

La ricerca di funghi nel bosco, tra l'estate e l'autunno, è un'esperienza che unisce il fascino della natura al piacere della scoperta. Tra i funghi più iconici che possiamo identificare, il boleto baio, Imleria badia, rappresenta una piacevole sorpresa, capace non solo di arricchire il nostro raccolto ma anche di deliziare il palato con il suo sapore delicato.

Imleria badia, boleto baio, con un ragno sull'imenoforo.
Imleria badia, in un bosco di conifere in ambiente subalpino, con un curioso ospite appeso!

Il nome scientifico di questo fungo racchiude già molte informazioni sulla sua natura e caratteristiche. L'epiteto specifico "badia" deriva dal latino badĭus, che significa "marrone", un chiaro riferimento al colore distintivo del vellutato cappello di questa specie. Questa affinità si riflette anche nei nomi popolari, come "boleto baio" in italiano e "maronenröhrling" in tedesco, entrambi evocativi delle tonalità castane che caratterizzano questo fungo. Il nome del genere, Imleria, è stato coniato per rendere omaggio al micologo belga Louis Imler, riconosciuto per i suoi importanti contributi allo studio della materia. Nei testi di micologia può essere ritrovato sotto i sinonimi Boletus badius o Xerocomus badius, sinonimi entrambi considerati validi in passato, prima che venisse assegnato - sulla base di studi filogenetici - al nuovo genere Imleria.

Come riconoscerlo

Il cappello, ha una superficie finemente vellutata e varia nel colore dal castano chiaro al marrone scuro, con talvolta una sfumatura rossastra; può raggiungere dimensioni considerevoli, arrivando fino a 15 cm di diametro. Nei giovani esemplari è convesso, ma tende ad appiattirsi con l'età, mantenendo comunque una consistenza carnosa e soda. L'imenoforo, situato sotto il cappello, è composto da tubuli di colore giallo che, con il passare del tempo, assumono una tonalità verdastra. I pori sono fini e inizialmente gialli, ma si macchiano facilmente di azzurro al tocco, a volte in maniera anche intensa e immediata. Il gambo è cilindrico e generalmente più chiaro del cappello, con un colore che tende al marrone chiaro. Una caratteristica è l'assenza del reticolo, il che lo differenzia da altre specie di boleti come i porcini presentano questa caratteristica; alpiù può presentare una finissima punteggiatura concolore. La carne è bianca, soda e compatta; può virare leggermente al bluastro quando viene tagliata, specialmente nella parte inferiore del gambo. Questo cambiamento di colore non deve allarmare, poiché è una reazione naturale di ossidazione, comune in molte specie di boleti commestibili. L'odore del boleto baio è piacevole e il sapore è mite, rendendolo un fungo commestibile di buona qualità, adatto anche all'essiccazione con la quale acuisce il suo aroma; tuttavia, all'atto del consumo, è consigliabile rimuovere lo stipite prima del consumo, poiché può risultare fibroso e meno appetibile.

Dettaglio dei pori, fini e giallo chiari, viranti su tonalità azzurro-bluastre alla pressione.

Clima e habitat

Imleria badia è una specie molto adattabile, che cresce prevalentemente in boschi di conifere, ma non è raro trovarlo anche in boschi misti, dove sono presenti latifoglie come faggi e querce. Predilige terreni acidi e sabbiosi e si sviluppa generalmente dall'estate fino all'autunno inoltrato. Questa specie è nota per la sua preferenza di spuntare in seguito a buoni accumuli precipitativi, senza farsi troppo influenzare poi dal clima delle giornate consequenziali. Tuttavia, in alcune annate, può apparire anche in condizioni di clima fortemente siccitoso, il che suggerisce una relazione interessante con il substrato legnoso su cui spesso cresce. Il micelio di Imleria badia sembra avere una predisposizione a colonizzare ceppaie di abeti tagliati o residui legnosi in decomposizione, dimostrando una notevole capacità di sfruttare substrati diversi dal suolo forestale tradizionale. Curiosamente, la presenza di Imleria badia può anticipare la crescita di porcini (ad esempio, Boletus edulis), fungendo da indicatore di condizioni favorevoli. Tuttavia, questo non è sempre garantito, poiché le condizioni specifiche di umidità e temperatura che favoriscono la comparsa del boleto baio non coincidono sempre con quelle necessarie per le varie specie di porcini.

Imleria badia, curiosamente cresciuta direttamente all'interno di un tronco tagliato di peccio.

Confusione con specie simili

Imleria badia è un fungo che può essere confuso con altre entità, alcune delle quali commestibili, altre no, ma fondamentalmente non ha sosia tossici:

  • Tylopilus felleus: questo fungo, noto come boleto del fiele, non edule, ha un reticolo scuro ed evidente sul gambo, pori grigio-rosati con la maturazione e un sapore estremamente amaro che lo rende facilmente riconoscibile una volta assaggiato. Condividono gli stessi areali di crescita.
  • Boletus aestivalis: noto come porcino estivo o estatino, ha un cappello finemente vellutato e di colore simile a Imleria badia; ha pori biancastri in esordio, poi giallo-verdastri, non viranti all'azzurro; la carne è bianca e immutabile, e presenta un evidente reticolo chiaro sul gambo; in genere ha un portamento più massiccio e robusto.
  • Xerocomus ferrugineus: specie meno frequente, commestibile di mediocre qualità, è simile come forma e dimensioni al boleto baio; presenta un cappello di colore più chiaro; ha pori giallastri più allargati, immutabili, e lo stipite rivestito da un fine reticolo rosato-rossastro. Sebbene sia commestibile, è considerato gastronomicamente inferiore ad Imleria badia.

Il caso del Cesio-137

Dopo l'incidente nucleare di Chernobyl nel 1986, è stato riscontrato che alcuni funghi, tra cui Imleria badia, possono accumulare naturalmente cesio radioattivo (Cs-137) dal suolo contaminato. Questa capacità ha destato preoccupazioni riguardo alla sicurezza del consumo di questi funghi, soprattutto nelle aree maggiormente colpite dall'incidente e dalle nubi radioattive consequenziali. Tuttavia, grazie al naturale decadimento del cesio-137, i livelli di contaminazione sono significativamente diminuiti nel tempo. Studi recenti confermano che, ad oggi, l'accumulo naturale di cesio-137 in questa specie non rappresenta un rischio significativo per la salute umana.

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